Salute urbana e disuguaglianze / webinar 02/11/2020
In Italia 3 abitanti su 4 vivono in aree urbane: basta questo dato per rendersi conto di quantonessuno studio sull’impatto del COVID-19 sulla salute può prescindere da una valutazione di come la pandemia si sia diffusa nelle città e abbia colpito le società urbane nel nostro Paese. Ma non si tratta di una questione unicamente numerica. Le città, infatti, sono state anche particolarmente vulnerabili al virus e alla sua trasmissione, a causa dell’alta densità abitativae del numero di interazioni quotidiane tra i suoi cittadini e in quanto nodi cruciali delle reti di collegamento con il resto del Paese. Allo stesso modo, le città, rappresentando il cuorepulsante e più attivo dell’economia e della società nazionale, hanno fortemente subito illockdown nazionale e la sospensione e riorganizzazione dei modelli produttivi del Paese.
Infine, nelle città si annidano molte delle comunità vulnerabili che maggiormente sono state a rischio per la malattia e per le conseguenze sociali ed economiche delle misure di distanziamento sociale. Individui a rischio o in condizioni di povertà e di esclusione sociale, anziani soli, senza dimora, famiglie monogenitoriali e/o numerose, migranti, bambini e giovani residenti in nuclei famigliari deprivati: sono tutti esempi di gruppi fragili che, oltre a vivere in misura maggiore in ambito urbano (e in particolare nelle sue aree più deprivate), sono stati, per ragioni varie, maggiormente esposti al contagio – e in particolare agli esiti più gravi della malattia – e hanno maggiormente accusato l’interruzione o la limitazione deiservizi assistenziali e di supporto sociale sui quali facevano tradizionalmente affidamento.
Parallelamente, le città rappresentano tradizionalmente anche i principali laboratori di innovazione sociale in cui le politiche locali, le partnership tra pubblico e privato e leassociazioni del terzo settore dall’altra, cercano di creare contesti di vita sempre più sani e dirispondere ai bisogni assistenziali degli individui meno fortunati. Comprendere quindi come le istituzioni, le politiche e le società urbane siano state capaci di reagire alla pandemia, quali siano state le buone pratiche messe in atto, così come identificare i limiti che hanno frenato la progettualità locale, costituisce un obiettivo essenziale al fine di prevedere quale sarà il futuro delle città e di tutelare il benessere della società nel caso di nuove ondate epidemiche.
Ne parliamo con:
Stefano Capolongo / dottore di ricerca in Sanità Pubblica – Politecnico di Milano
Vita Casavola / coordinatrice del gruppo di lavoro “Salute” della Fio-PSD senza dimora
Diana De Marchi / vicepresidente rete Città Sane
Daniela Patti / architetta e urbanista, cofondatrice di Eutropian
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Mercoledì 2 dicembre 2020 – Ore 15-16.15
Scarica qua il programma completo
Per collegarsi:
https://who.zoom.us/j/92389485194
Password: SDGs2030!
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Nel maggio 2020 l’Ufficio regionale dell’OMS per l’Europa ha avviato un progetto della durata di otto mesi diretto a valutare quale sia stato in Italia l’impatto del COVID-19 sulle popolazioni vulnerabili e in particolare su due dei gruppi maggiormente esposti al virus: gli anziani e gli individui in condizioni di povertà.
Nell’ambito di questo progetto è stata istituita la rete COVID-19 Italy Vulnerabilities (CIV-N), con lo scopo di aiutare il nostro Paese ad individuare le azioni e le politiche attuate prima e durante la crisi che potrebbero aver aumentato preesistenti disuguaglianze di salute e averne creato di nuove.
Ultimo aggiornamento
15 Dicembre 2020, 12:24